L’immaginario

L’emigrazione dalle Marche inizia più tardi rispetto alle altre regioni d’Italia e la mezzadria è il motivo di tale ritardo. Questo particolare contratto agricolo basato sulla divisione degli utili tra un padrone e un mezzadro resiste ancora, mentre l’economia agricola italiana crolla. Gli ultimissimi anni dell’ottocento registrano un forte aumento delle tassazioni tanto da mettere in crisi anche questo saldo contratto agricolo, tantochè il primo picco delle partenze si registra tra il 1894 e il 1897. A partire dall’inizio del Novecento le Marche diventano la seconda regione italiana del centro-nord, dopo il Veneto, che registra il maggior numero di migranti che lasciano il proprio paese per cercare fortuna all’estero. Si parla anche di emigrazione monodirezionale perché prevalentemente rivolta verso una meta: l’Argentina.

A partire non sono solo contadini, ma tutti coloro che vedono minacciato il loro lavoro e le proprie condizioni di vita, seppure modeste, dall’aumento delle tassazioni e dall’avanzare della grande produzione industriale nell’Italia dei primi del Novecento.

Gli espatri sono di vario genere, brevi, lunghi e a volte addirittura definitivi quando si riesce a spostare l’intera famiglia. Con lo scoppiare della Prima Guerra Mondiale i flussi migratori si interrompono. Dopo la seconda Guerra Mondiale si assiste ad una nuova ondata migratoria rivolgendosi sempre verso le stesse mete che, oltre all’Argentina e agli Stati Uniti, comprendono questa volta anche la Francia, la Germania, la Svizzera, il Canada e l’Australia.

Dal 1876 sono emigrate ufficialmente dalle Marche oltre 700mila persone e questo museo è dedicato proprio alla loro storia.